venerdì 31 dicembre 2021

Divento un fotografo!

Per tutta la mia infanzia non ho mai amato essere al centro dell'attenzione.
Ho sempre interpretato gli occhi addosso della mia famiglia riunita come un: "adesso prendiamo per il culo sto qua",
-"facciamogli una foto vestito da uccellino nella recita scolastica, sì"!
-"Ridiamo mentre dice "che bello svolazzare fra gli alberi", sii"!
-"Facciamolo salire sulla sedia a recitare la poesia del cazzo di Natale, si
anche a Capodanno,
anche il giorno della Befana"!
-"E adesso vai con la poesia di Pasqua, piccolo stronzetto, forza"!
Cosa? La Comunione"?
Una bella foto!
Cresima?
Un'altra foto!
Foto con i genitori,
con gli zii,
con i parenti,
con i vicini,
gli affamati,
foto con gli appestati!
Milioni di milioni di foto!
-"E devi sorridere eh"! -"Non permetterti di non sorridere, cos'è quello"?
-"Ho visto bene, l'hai notato anche tu"?? -"E' solo mezzo, sorriso"!
-"Piccolo maledetto! -"Avevamo parlato chiaro, questa me la paghi"!
Mi è bastato poco per capire che per ripararmi da flash e riflettori potevo solo fare il conto alla rovescia per la fuga da Alcatraz.
Così, appena diventato maggiorenne,


a 22 anni,

me ne sono andato di casa e di foto non ho dovuto più farne.
Poi,
qualche anno fa,
sono tornato a stare a casa dei miei per un pò e durante i tempi morti, che per uno iperattivo come me sono davvero il mostro finale del problem solving,
ho iniziato a frugare fra le foto di famiglia:

-"Mamma, ma dov'è quella foto con la t-shirt dei Lakers"?
Non c'era nessuna foto con la maglia dei Lakers.

Cercavo una foto con mio nonno,
il guerriero, quello che quando l'ho visto a petto nudo, per la prima volta, mi è sembrato che lo avessero preso a forchettate per capire se era cotto, come un calzone di spinaci.
La foto non c'era.

Non avevo foto con i miei genitori per il giuramento del mio servizio militare,
non avevo foto con mia nonna, la mia prof. privata di latino.
Avevo condotto una lotta iconoclasta contro me stesso e l'avevo pure vinta.

Le uniche foto che c'erano in casa mia risalivano al 1990,
ad un anno e mezzo, quando ancora non s' era capito che avessi il pollice opponibile
e al 2006,
a 18 anni, quando i miei pensieri viaggiavano caldi in tutte le stagioni senza che mettessi il cappello.


Cosa ci ho guadagnato?
Sto grandissimo cazzo.
Con il tempo, con le esperienze, ho capito man mano che spesso diamo alla parola "ricordo" un valore troppo poco tangibile e molto immaginario.
La fotografia, quella vera, quella che toccavi e ci rimaneva l'impronta del dito vicino,
quella che se, disgraziatamente, aprivi il retro della macchinetta era: -"no!!
così bruci il rullino"!
Quello era l'unico modo che i nostri genitori avevano di fermare il tempo per un attimo,
bloccarlo, congelarlo.
E alzi la mano chi, toccando una fotografia, una vera, di quelle attaccate alla parete, al frigorifero o incorniciate e appoggiate su pareti e mobili del soggiorno, non s'è sentito per un attimo di nuovo lì, con quelle persone
riassaporando per un attimo gli odori di quelle giornate di festa,
i profumi i piatti cucinati in quantità per stare tutti insieme,
con il vociare di tutte le persone attorno.
Mollo tutto e divento un fotografo, ho deciso.



bentornato escistasera?