domenica 2 aprile 2023

EGO

Quando nel 1998 ho sentito per la prima volta questa parola in TV, non mi sono fatto molte domande limitandomi a chiedere a mio padre di portarmi al bar per assaggiare ciò che a prima vista sembrava la quintessenza del piacere. (Magnum Ego, cit.)

Quando, poi, a pancia piena ed in pieno loop insulinico, ho chiesto ai miei genitori cosa volesse dire quella parola, loro, da bravi classicisti, mi hanno risposto:

"ego, è latino, significa IO! da ego deriva la parola egoista"

Anche se a 9 anni non ero così forte con i collegamenti intertestuali, posso dire che non ci fu bisogno di darmi ulteriori spiegazioni: per quante volte l'avevo sentita, sempre diretta a me, sarei dovuto essere il primo bambino prodigio a diventare professore universitario in questa materia.

Tuttavia, mentre io crescevo sempre più a suon di gelati e latinismi, la vita sogghignava all'idea di presentarmi un salato conto negli anni futuri.

In un film dicevano che più è lungo il nome di una malattia più è potenzialmente letale, beh,..in realtà, in quel terzo di vita abbondante che posso dire di aver vissuto, sono state le parole brevi a procurarmi le ferite più profonde ed i vari "NO" ricevuti si sono andati accatastando nel tempo in uno stanzino dove sulla porta ci sono proprio le tre lettere di cui sopra: EGO.

"Prima o poi sarebbe dovuto succedere" suona molto più concreto di "se deve succedere succede".

Da quando, poco meno di 3 anni fa, ho iniziato a fare i conti con me stesso, ho notato quante volte fino ad allora io sia andato a letto imprecando per una giornata andata storta o per situazioni che non andavano nel verso che volevo, rendendomi conto di quanto possa essere facile perdersi nei meandri delle proprie storture interiori solo perchè le cose non arrivano come e quando vogliamo noi.

Anzi, come e quando voglio io, -"parl p tè professò" mi direbbe qualcuno.

Severo ma giusto.

Stanco, nervoso ed accigliato pretendevo di essere felice, incazzandomi se questo non succedeva, perchè me lo aspettavo, DOVEVA succedere, "io me lo merito" mi ripetevo, dentro e fuori.

Poi mi sono ricordato la barzelletta del contadino che vuole vincere la schedina.

Mio padre, la volta che me la raccontò, mi fece ridere un sacco, ero solo un bambino e lui non voleva di certo insegnarmi la vita, non così almeno, ma capitava spesso che finisse a raccontarmi barzellette a cui a volte rideva solo lui, quando il pomeriggio non riuscivo ad addormentarmi e compromettevo anche il suo sonno.

Forse è così che ho preso il vizio di far battute che non fanno ridere e scoppiare in fragorose risate proprio mentre gli altri mi guardano e mi fanno: -"scemo, non fa ridere".

Un giorno, un umile contadino, in perfetto stile Don Camillo, si rivolge al cielo chiedendo di vincere la schedina.

Dal cielo non arriva nessuna risposta ma il contadino non lo prende come un brutto segno, d'altronde, chi tace acconsente e quindi lui, speranzoso, riprende il suo lavoro confidando che a breve arriverà il suo turno.

Non arriva nessuna vincita. 

Un altro giorno, l'umile e devoto contadino alza la testa e chiede nuovamente di vincere la schedina:

lui è un umile e modesto contadino, vincere la schedina significherebbe vivere una vita dignitosa, di certo non fatta di lussi o sfizi ma quantomeno di qualche piccola consolazione dopo una vita di sacrifici, godendosi una meritata pensione.

Anche stavolta nessuna risposta ed il campo non si coltiva di certo da solo, così il contadino, fiducioso, anche se meno della prima volta, riprende il lavoro sperando che sia solo questione di tempo.

Aspetta aspetta, anche stavolta non arriva nessuna vincita.

Un altro giorno ancora, il povero contadino, stanco per quanto gli fa male la schiena, stufo di tutti i continui sacrifici, in un rantolo di rabbia e disperazione esclama:

Signore, e fammi vincere una schedina, per una volta!

Ormai rassegnato, il contadino riprende a lavorare quando, improvvisamente il cielo si apre ed una figura appare davanti a lui, incredulo che stia davvero accadendo.

E' proprio Dio che, senza troppi giri di parole, gli dice:

"ma, almeno, la vuoi giocare sta cazzo di schedina"??!

Mi ci sono voluti un paio di decenni, arrotondando per difetto, per capire il vero significato di questa barzelletta, ma almeno posso dire che adesso sono un pò più sensibile agli input esterni!

Certo che, nel momento in cui credevo che tutto mi fosse dovuto,

che me lo meritavo

e che erano gli altri a dovermi dare ciò che aspettavo,

ho conosciuto una delle parole più brevi che fanno più male ad un uomo: l'EGO.

-"Io credo proprio che lei si sia autosabotato", mi disse qualcuno, una volta.

Aveva ragione.

E' stato così bello farlo, procurarsi tutto quel dolore per arrivare finalmente a capire quanto può essere incredibile lasciarsi trasportare dagli eventi rimanendo con gli occhi aperti a vedere dove ci portano le onde.

E alla fine di questo ciclo che mi ha visto prima morire e poi nascere non potevo che farmi una grassa fragorosa risata alla faccia di tutti gli splendidi sbagli che avevo fatto, con me stesso e con gli altri.

I messaggi, i comportamenti e tutto quello che mi era capitato fino a quel momento assumevano un significato completamente diverso se spogliati del velo che grazie al mio ego ci avevo steso sopra.

Escistasera?